Cosa significa "Non Giudizio" nella Mindfulness?
Il "non giudizio" è un elemento essenziale della pratica di Mindfulness e in questo articolo proviamo a spiegarlo in modo semplice.
Mindfulness, reattività e cervello veloce:
Immagina di trovarti in un bosco. Stai camminando tra alberi e cespugli quando all'improvviso senti uno strano fruscìo provenire verso di te. Cosa fai? Probabilmente ti allontani istintivamente e poi forse cerchi di capire di cosa si tratta.
Ciò accade perché tutti noi abbiamo "due cervelli", uno veloce e uno lento.
- Il cervello lento è più "antico", poco raffinato e produce stress, ma ha l'indubbio vantaggio di aiutarci a reagire all'istante di fronte a situazioni di pericolo.
- Il cervello veloce invece è più "giovane", permette una regolazione più fine delle nostre risposte senza eccessivo dispendio energetico ma impiega un bel po' ad accendersi.
Il problema è che per noi umani le situazioni in grado di attivare il cervello “veloce”, e quindi di produrre stress, si accumulano in continuazione, e non solo quando c'è in gioco la sopravvivenza ma ogni volta che vogliamo proteggerci dal dolore fisico o emotivo.
Il cervello "veloce" tende a fuggire o a combattere il dolore esattamente come fa di fronte al fruscio nel bosco.
Questa automazione della lotta o della fuga si chiama "reattività", è innata e spesso ci aiuta a sopravvivere ma non ci è di alcun aiuto quando si presenta un dolore, fisico o emotivo, con cui dobbiamo coesistere almeno per un certo periodo di tempo.
È qui che la Mindfulness, e il suo tratto distintivo del non giudizio, diventano davvero preziosi.
Mindfulness e Non Giudizio:
La Mindfulness è definita come la "consapevolezza che emerge dal prestare attenzione di proposito, nel momento presente e in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza, momento dopo momento" (Kabat-Zinn 2003).
Ma cosa vuol dire "non giudicante"?
Non giudicante vuol dire che quando si medita non basta portare l'attenzione al respiro, ma che occorre farlo in un certo "modo", o con una specifica "attitudine".
Quando ci poniamo in uno stato meditativo non giudicante gli eventi esterni e interni sono riconosciuti attraverso i nostri cinque sensi, ma non vanno letti e interpretati dalla nostra mente.
Ciò non è affatto semplice. Richiede pazienza, costanza e benevolenza verso sé stessi e verso i propri automatismi. D'altra parte un elemento essenziale della Mindfulness è la compassione, verso sé stessi.
Ogni volta che inevitabilmente cadiamo nella tendenza a giudicare un'esperienza come "buona" o "cattiva", siamo invitati a riconoscere questa attività di giudizio e a riportare l’attenzione al principale oggetto di meditazione, ad esempio il respiro.
Con il tempo, coltivando l'arte del non giudizio, è possibile uscire dai propri schemi di pensiero abituali, diventando semplici testimoni delle esperienze interne ed esterne.
Ciò conduce ad un diverso rapporto con qualunque esperienza e favorisce una maggiore autoregolazione emotiva, una maggiore capacità di esporsi a situazioni precedentemente temute con il fine di accoglierle e trasformarle.
I benefici dell'attitudine non giudicante propria della Mindfulness sono state riscontrate sia in condizioni non cliniche che in molte condizioni cliniche quali Depressione, Ansia, Disturbo Ossessivo Compulsivo, Disturbi del Comportamento Alimentare, Trauma, Psicosi, pazienti affetti da SLA e loro caregiver.
Bibliografia:
- Kabat-Zinn J. (2003): "Mindfulness-based interventions in context: past, present and future". Clinical Psychology: Science and Practice 10, 144-156.
- LeDoux J. (1996): "The emotional brain. The mysterious underpinning of emotional life". Touchstone Books, Florida. Tr it. "Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni". Baldini e Castoldi, Milano, 2014
- Goldin P.R., Gross J.J. (2010): "Effects of mindfulness-based stress reduction (MBSR) on emotion regulation in social anxiety disorder". Emotion 10, 1, 83-91.
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