L’evoluzione del genere umano ha visto un’importante trasformazione dello stile di vita alimentare in termini di quantità, qualità e dispendio energetico. Diversamente dalla facilità di accesso che oggigiorno abbiamo al cibo, i nostri antenati vivevano periodi di scarsa disponibilità o quasi digiuno alternati a periodi di maggior alimentazione. Essa era basata prevalentemente su un alto contenuto di proteine di origine animale, in occasione di caccia favorevole, un medio o basso contenuto di grassi, scarsità di zuccheri semplici ed elevato apporto di fibre e le quantità erano direttamente proporzionali al dispendio energetico necessario al procurarsi il pasto. Aspetto quest’ultimo ben lontano dall’uomo dell’ultimo secolo che, con l’avvento di facilitazioni (quali i mezzi di trasporto) e di abitudini alimentari a favore di cibi pronti ad elevato contenuto di grassi e zuccheri semplici, vede un aumento più che un dispendio dell’introito calorico.
Negli ultimi anni, inoltre, si sta assistendo a una notevole riduzione del tempo trascorso in cucina e parallelamente a una crescente tendenza a consumare pasti fuori casa (mense, ristoranti, rosticceria, ecc) con ripercussioni sulla salute di molte persone. Spesso infatti il cibo che si mangia fuori e i pasti pronti sono significativamente più ricchi di calorie, grassi, sale e zuccheri rispetto ai cibi preparati in casa e questi cambiamenti facilitano l’accumulo eccessivo di scorte energetiche, sotto forma di tessuto adiposo, contribuendo allo sviluppo di una vera e propria esplosione epidemica del sovrappeso e dell’obesità tanto nell’infanzia quanto nell’età adulta. I numeri contenuti nel report WHO European Regional Obesity Report 2022 non sono incoraggianti: in Europa il 59% degli adulti e quasi un bambino su 3 è in sovrappeso o convive con l’obesità.
Sebbene in alcuni contesti continui ad esistere una riduzione semplicistica del problema obesità alla mancanza di volontà del paziente come unico ostacolo alla buona riuscita del trattamento e del perdere peso - con un conseguente rinforzo di sensi di colpa preesistenti (Carels, Cacciapaglia, Douglass, Rydin & O’Brien, 2003) e di stigma, cause queste di un aumento della frequenza di comportamenti disfunzionali quali abbuffate, riduzione dell’esercizio fisico, ritiro sociale e evitamento della richiesta d’aiuto a specialisti (Puhl, Himmelstein, & Quinn, 2018) - è ormai risaputo che affrontare gli aspetti di natura emotiva, cognitiva e comportamentale connessi alla perdita e al mantenimento del peso è fondamentale per una buona riuscita (Calugi et al., 2020).
Per tali ragioni molti interventi di salute pubblica hanno tentato di rendere i pasti fuori casa più sani possibili (Todd et al., 2010). Sembrerebbe tuttavia che da soli non siano sufficienti e che il declino della cucina casalinga possa essere altresì responsabile di un aumento dell’obesità. Alcuni risultati in letteratura hanno dimostrato infatti che i cambiamenti nel modo di preparare e cucinare i cibi, legati anche all’integrazione della tecnologia nel preparare il cibo a casa (es. il forno a microonde) e di prodotti alimentari pronti per facilitare la preparazione dei pasti (Caraher et al., 1999; Soliah et al., 2012), possono influenzare sia le abilità culinarie degli individui che le conoscenze culinarie.
Partendo quindi dal presupposto che cucinare a casa è associato a una qualità migliore dell’alimentazione, e a tal proposito alcuni autori segnalano appunto un’associazione tra la cucina casalinga e un indice di massa corporea (BMI) minore (Kolodinsky & Goldstein, 2011), e che l’avere buone abilità e conoscenze culinarie è legato ad abitudini alimentari più sane (Condrasky, 2006), i recenti interessi si stanno orientando verso l’individuazione e l’introduzione di nuovi elementi che possano essere d’aiuto al trattamento dell’obesità.
Può un corso di cucina raggiungere quest’obiettivo? Gli studi recenti incoraggiano ad andare in questa direzione: aggiungere corsi di cucina a un trattamento comportamentale per l’obesità sviluppa abilità culinarie che garantiscono la perdita del peso, il suo mantenimento e la qualità della dieta. Generalmente questo tipo di interventi vengono combinati con altre componenti (dieta accordata con un dietologo, esercizio fisico,mindfulness) e sono variabili sia nella durata che nell’impegno dei partecipanti: alcuni prevedono l'apprendimento tramite osservazione altri tramite esperienza attiva. Ad oggi non abbiamo a disposizione interventi che valutino solo l’efficacia di lezioni culinarie e non è quindi ancora chiaro se la cucina produca da sè degli effetti nel dimagrimento o solo se combinata con altre componenti, ma sono sicuramente ben chiari gli effetti a favore.
A tal proposito, nel 2020 Alpaugh e colleghi hanno condotto uno studio con l’obiettivo di determinare se l’aggiunta di lezioni di cucina ad un intervento comportamentale per perdere peso avrebbe aumentato la perdita di peso e la qualità della dieta rispetto ad un intervento standard e di valutare i cambiamenti nelle abitudini alimentari e la frequenza del cucinare.
Sono stati reclutati 56 partecipanti, obesi o sovrappeso, sottoponendoli ad un trattamento comportamentale di perdita di peso della durata di 24 settimane basato prevalentemente su dieta ed esercizio fisico. Successivamente il campione è stato suddiviso in due gruppi: uno ha ricevuto un intervento di cucina attiva, l’altro è stato sottoposto ad un intervento dimostrativo. Dopo sei mesi, i risultati hanno mostrato che i partecipanti coinvolti nel trattamento attivo hanno perso significativamente più peso rispetto a quelli del trattamento dimostrativo (7.3% contro 4.5%) suggerendo quindi che un intervento di cucina attiva unito ad un programma di perdita di peso standard può essere un metodo efficace per aiutare le persone a perdere peso e a dedicare più tempo alla cucina casalinga. Gli interventi dimostrativi, infine, sebbene non aiutino direttamente a perdere il peso, possono portare comunque notevoli miglioramenti nella food agency e in un’alimentazione più sana ed equilibrata (Alpaugh et al., 2020).
Dott.ssa Giglio Francesca
Bibliografia
Alpaugh M., Pope L., Trubek,A., Skelly, J., & Harvey, J. (2020). Cooking as a health behavior: examining the role of cooking classes in a weight loss intervention. Nutrients, 12(12), 3669.
Calugi S., Sermattei S., Sartirana M., Camporese L., Filardo D., Campagna S., & Dalle Grave, R. (2020). Il ruolo dello psicologo nella gestione dell’obesità: Position Paper di AIDAP
Caraher M. Dixon P. Lang T., & Carr‐Hill R. (1999). The state of cooking in England: the relationship of cooking skills to food choice. British food journal.
Carels R. A., Cacciapaglia H. M., Douglass O. M., Rydin S., & O’Brien W. H. (2003). The early identification of poor treatment outcome in a women’s weight loss program. Eating Behaviors, 4(3), 265-282.
Condrasky, M. (2006). Cooking with a Chef. Journal of Extension, 44(4), 1-6.
Kolodinsky J.M., & Goldstein A.B. (2011). Time use and food pattern influences on obesity. Obesity, 19(12), 2327-2335.
Puhl R. M., Himmelstein M. S., & Quinn D. M. (2018). Internalizing Weight Stigma: Prevalence and Sociodemographic Considerations in US Adults. Obesity (Silver Spring), 26(1), 167-175.
Soliah L.A.L., Walter J.M., & Jones S.A. (2012). Benefits and barriers to healthful eating: what are the consequences of decreased food preparation ability?. American Journal of Lifestyle Medicine, 6(2), 152-158.
Todd J.E., Mancino L., & Lin B.H. (2010). The impact of food away from home on adult diet quality. USDA-ERS economic research report paper, (90).